CHIESA MISSIONARIA
Dalla fortezza alla strada, dal Sinai alla casa di Nazareth e al calvario; il Dio delle altezze che si fa l’Emanuele; il padrone che si fa servo.
P. Flaviano Amatulli, fmap
E’ come un sogno, un’utopia o un rimorso. Dappertutto si parla di «Chiesa Missionaria», «Famiglia Missionaria» o «Gruppo Missionario». Ma si tratta sempre di svalorizzare la parola «Missione». Qualsiasi persona si considera missionaria. E come dire: «Qui tutto va bene: abbiamo tutto, persino il «Gruppo missionario». E cosa fanno? Di quando in quando fanno qualche esperienza di evangelizzazione.
Manca lo spirito missionario, la mentalità; manca il fegato, manca la volontà. Tutto è vernice, apparenza, qualcosa per dire: «Ho fatto». Manca l’essenza. Perchè? Perchè gli stessi pastori non hanno una formazione missionaria e tanto meno un’esperienza della missione. Mandano alla guerra senza una mistica e senza un’allenamento apropriato. E’ come sparare all’aria, per vedere se colpisce, per vedere cosa succede. E qualcosa succede, evidentemente. Per lo meno resta l’aspirazione si sostiene l’utopia e si fa più profondo il richiamo di un’esigenza non compiuta.
Un giorno, ho partecipato all’inaugurazione di una nuova tappa sinodale in una delle più grandi diocesi di America Latina. Tutto stabilito, persino nei minimi detagli; tutto rituale, senza nessun intervento spontaneo; formalismo totale e simbolismi vuoti. Certo, si parlò dei poveri, dei giovani, della donna e della missione. Si fece un breve percorso per la città, per sensibilizzare gli operatori di pastorale circa il bisogno di uscire fuori le mura dei templi e avvicinarsi alla gente, credente o non credente. Però tutto è finito lì.
Che diverso sarebbe stato, se il vescovo avesse detto: « E’ necessario uscire dai templi e caminnare per le strada. Quelli che vogliono seguirmi, diano un passo avanti!». Un gesto tanto semplice, ma nello stesso tempo tanto chiaro e provocatorio. Evidentemente, pochi avrebbero fatto il passo in avanti. Ma con quei pochi che si sarebbero lanciati, si avrebbe dato inizio a un nuovo stile di Chiesa, una Chiesa realmente missionaria, aperta e creativa.
Stando nella strada, fuori dalle fortezze e completamente disarmato, il clero avrebbe cominciato a vedere le cose da un’altra prospettiva, quella della debolezza e la vulnerabilità, condividendo esperienze, ascoltando sfoghi e lamentele, chiarendo situazioni, chiedendo scuse, seminando inquietudini e incamminando verso l’ovile la pecorella smarrita. Con ciò, lo stesso loro discorso sarebbe diventato meno astratto e più immediato e vivenziale.
Dalla fortezza alla strada, dal Sinai alla casa di Nazareth e al calvario; il Dio delle altezze, che si fa l’Emanuele; il padrone, che si fa servo. E’ questo il cambiamento che il popolo cattolico sta aspettando di vedere nei suoi ministri. Più tarda in arrivare e più fughe ci saranno.